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Cari membri di Agile Made in Italy,

ci sono eventi che passano e lasciano un ricordo.

E poi ci sono eventi che diventano un’onda capace di cambiare le persone, i team e persino i territori.

TAWAVE 2025 è stato questo.

Un movimento che, come un’onda, parte sospinto da una piccola vibrazione e poi si trasforma, travolgendo chi incontra con la sua energia.

Dal 25 al 27 settembre, a Taranto, abbiamo vissuto la VI edizione di TAWAVE. Non lo definiremmo semplicemente “un evento”, perché ciò che è accaduto va oltre. È stato un progetto vivo, un laboratorio culturale e organizzativo, dove imprenditori, manager e giovani professionisti hanno potuto sperimentare sulla propria pelle la forza della collaborazione, dell’ascolto e dell’adattabilità.

Non c’erano slogan, né promesse altisonanti: solo pratiche concrete, relazioni autentiche e momenti capaci di generare un cambiamento reale. Quello che si è diffuso a TAWAVE non è stato un messaggio imposto, ma una corrente che ha contagiato in profondità. Un’energia “sotto pelle”, persistente e positiva, che ha fatto vibrare anche chi era arrivato con scetticismo.

Costruire fiducia tra 50 sconosciuti

Giovedì 25 settembre, cinquanta imprenditori e professionisti dalla Puglia, da Roma e da Milano si sono dati appuntamento a Taranto.

È TAWAVE, che si propone di superare i confini della formazione incravattata, mixando competenze e natura.

E come cambiare il paradigma che vede prima i ruoli e le etichette anziché persone e stati d’animo se non con un potente icebreaking?

Due verità e una sfida è stato il momento che ha riscaldato l’atmosfera rendendola fertile per il primo workshop “Due sedie, mille talenti” di Elmar Vareschi e Gianfranco Zizzo, un duello linguistico a colpi di riflessioni sul talento e sulla narrazione delle aziende, che hanno il dovere di cambiare approccio nel coinvolgimento delle persone.

Branding territoriale

Il piacere non si fa attendere: visita guidata al Castello Aragonese e party a suon di panzerotti a Palazzo Ulmo in città vecchia. Chiamiamolo Branding territoriale, che significa sfruttare il progetto TAWAVE per raccontare Taranto a chi a Taranto ci vive ma non l’ha mai guardata per davvero e a chi a Taranto non c’è mai stato. TAWAVE è un modo di essere nello spazio che abitiamo, nelle relazioni che costruiamo, nei sogni che decidiamo di trasformare in propositi. È la condanna al misoneismo, una dichiarazione all’errore, inteso come opportunità e non come fallimento.

Le provocazioni

Venerdì 26 settembre, i partecipanti sono ormai intrepidi per la scoperta delle prossime attività “extra-ordinarie” che li vedranno protagonisti. Usiamo la parola protagonista non a caso, il TAWAVE non impone contenuti dall’alto o dall’altra parte della scrivania, piuttosto crea un contatto diretto tra professionista e discente, apre riflessioni, spunti e perché no anche scontri di quelli costruttivi che si sbattono in faccia dove come si sta muovendo il mercato.

È in questa giornata che si fanno avanti i workshop “L’architettura della scelta: Processi cognitivi ed emozionali per costruire identità, servizi e prodotti efficaci” tenuto da Simona Ruffino e “Vendimi questa azienda” a cura di Iacopo Pelagatti e Larry Agency.

Il Main Talk: connettere il territorio attraverso il lato umano

Il Main Talk 2025 è stato il momento in cui TAWAVE ha aperto le porte alla comunità, trasformando la storica Masseria Battaglia in un crocevia di ascolto e confronto.

Non abbiamo ascoltato storie di autocelebrazioni di traguardi, bensì abbiamo voluto valorizzare gli errori e i fallimenti: far emergere il volto umano di chi le organizzazioni le guida.

Sul palco, HR manager, CFO, CEO, founders, persone che normalmente abitano stanze dirigenziali, hanno raccontato sfide, emozioni e scelte.

Hanno fatto discesa dai loro ruoli per incontrarsi con chi è attorno, e questo gesto è stato un’onda potente per il territorio, perché ha detto che non c’è distinzione netta tra “chi comanda” e “chi esegue”: siamo tutti parte di un movimento, tutti potenzialmente in cammino.

Questo momento è significato, per Taranto, un ponte: tra passato e futuro, tra saperi locali e orizzonti nazionali, tra comunità e imprese.

Ha richiamato l’attenzione sul fatto che le relazioni che contano, tra tecnici, manager, cittadini, nascono quando mettiamo al centro il lato umano, non il titolo.

In quell’incontro abbiamo visto che la vulnerabilità è terreno fertile per la fiducia; che parlare di incertezze non indebolisce, ma connette.

Il workshop delle orecchiette: metafora di squadra

Non sempre serve un’aula per parlare di collaborazione, alcune volte per mettere le mani in pasta devi proprio impastare, meglio se con il tuo team.

Nel workshop “Quando le persone possono scegliere, inizia il cambiamento – L’Arte delle Orecchiette Artigianali”, sei team con background diversi si sono messi in gioco, o meglio, in cucina.

Hanno scoperto che coordinarsi, osservare, adattarsi al ritmo dell’altro è la metafora perfetta del lavoro in team, tutto questo senza nominare Agile o Scrum.

Dall’impasto alla forma, dal controllo qualità alla revisione, ogni passaggio è stato un’esercitazione viva di responsabilità condivisa e miglioramento continuo.

Le mani sporche di farina, hanno funzionato più di 100 slide.

Il Premio Meraki

Abbiamo scelto di onorare aziende che ogni giorno guidano con coraggio, sostenibilità e centralità della persona.

Perché un’organizzazione è viva quando le differenze diventano energia e le individualità trovano spazio per esprimersi.

Nessuno di questi momenti era pensato per “impartire un modello”.

Eppure, tutti hanno contribuito a costruire una cultura nuova:

– sperimentare invece di teorizzare,

– costruire fiducia invece di competere,

– dare spazio al lato umano anche quando si ricoprono posizioni apicali,

– crescere insieme invece di restare chiusi nei propri silos.

E l’onda ora?

Non è un seme, ma un’onda.

Un’onda nata dove per decenni si è sentito dire: “si è sempre fatto così”.

Oggi quell’onda porta con sé la possibilità di accompagnare persone e comunità verso un cambiamento condiviso, passo dopo passo.

Non è un modello da replicare, ma una testimonianza: un’onda può partire ovunque ci siano persone disposte a tuffarsi insieme.

E quell’onda, in fondo, è anche vostra.